Un sogno che mi ha inaridita

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[Dodicesimo giorno da sola]

D’un tratto ho due trampoli sottili, surrealisti, che mi permettono di saltare venti metri per ogni passo. Mi fiondo subito verso una direzione qualsiasi ma vengo scoperta, cominciano a inseguirmi. La corsa mi è favorevole e presto raggiungo il limite della città; alcuni congegni sul suolo proiettano immagini sopra un muro di fumo, falsi paesaggi cittadini, sconfinati, solo illusioni ambientali. Scavalco con cura i proiettori luminosi, preziosi infusori di conforto, e la verità prende forma: colline ondulate, levigatissime, di legno. In realtà è una verità senza forma. Cielo assente, nessuna vegetazione, niente che non sia ebano limpido dalla temperatura incerta. Balzo sulle mie gambe lunghissime per metri e metri ma non vi è fine a questo mare solido. Tutto è piallato, le venature marroni del suolo mi ricordano banchi di anguille immobili.

I miei sequestratori sono lontani, li sento, non so di quali volti siano provvisti tanto non possono raggiungermi…raggiungermi dove? Lo sguardo si assottiglia sul rigido moto ondoso dell’orizzonte.

Continuo a involarmi fra la creste immote e l’euforia si spegne, il suolo pare più solido di quanto non sia mai stato, l’idea che non vi si possa scavare nemmeno un’urna in cui dormire mi avvizzisce tutti gli arti. Ogni estensione del corpo si fa spoglia di vita. Tale è il dolore che d’un tratto è mattino.

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28 risposte a “Un sogno che mi ha inaridita

  1. Un racconto molto interessante pieno di metafore e chiavi di lettura. Già solo il fatto che il mondo che voleva raggiungere la protagonista è un posto vuoto la dice lunga. Un racconto interessante e malinconico. Complimenti.

  2. Molto bello, complimenti. Mi hai fatto pensare: e se fossimo come nel Truman Show, protagonisti di uno strano reality a nostra insaputa? Sarebbe meglio rimaner prigionieri di un’illusione confortante o scoprire una realtà desolante?

  3. Ogni singola cosa che leggo fa venire i brividi. Poche parole, molti concetti, riflessioni allo stato brado misti a sentimenti primordiali, senso di prigionia e desiderio di libertà. Se non è scrittura questa, non so davvero cosa sia. I miei più grandi complimenti, il mio più grande piacere di leggerti

  4. Mi ricorda il messaggio dell’imperatore di Kafka, nel contempo trascinamento messianico e condanna ad un ricorsivo ingabbiamento. La differenza sostanziale sta nella prospettiva: in K. il protagonista è tirato via, tu sei sospinta e privata di una certa autonomia moto-riflessiva.

  5. Oh.. ma vedo che tu sei già passata all’azione. Quella che non ho mai avuto il coraggio di fare io sin ora. Ma ho deciso di rischiare e mettermi in gioco. Per questo, sono tornata tra le bianche pixelate pagine di WordPress. Il tuo traguardo, sarà per me partenza. Grazie del follow. ;)

  6. Pingback: UN SOGNO CHE MI HA INARIDITA, di Rebecca Lena – alessandriaonline·

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