Manifesto

lena piante

Non voglio intrattenere, ma guidare in tratte nere. Tutto ciò che dico è verità ricostruita e non finzione che ha origine nella verità. Non posso che sentirmi libera nello smembrare i miei organi come tessuti sfilacciati sul margine di un fiume. È nella frantumazione delle parole che credo di respirare davvero; l’avvicendarsi dei segni – del senso – è condotto dal ritmo e dal profumo condiviso, lungo un sentiero inconscio che talvolta è precluso persino alla mia ragione. Le righe tuttavia non sono flutti della coscienza, piuttosto lucidi voli veritieri e compositivamente rampicanti, come l’edera intorno al busto levigato del tempo presente.

Ma è morte la lunghezza del testo, la storia compiuta, il finale. Perché la fine, se esiste e cara al lettore, è menzogna; non può esistere – per me e per tutti quanti – se non nella mera forma sgretolata, o sbriciolabile. Sono vivi solo gli inizi e le nuove origini o i mille preludi, quasi quanto automi improvvisamente destati che si autoassemblano, si agitano e scoprono il frastuono dell’esistenza quale cigolio stesso dei loro arti. 

È inutile immaginare la fine quando non si può viverla. Così io plasmo, rivelando, poi mi sfaldo di nuovo, ed è sospensione piacevole.

lena piante-2


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45 risposte a “Manifesto

  1. Parole che descrivono un sogno, un delirio dato dal LSD pochi ne sono capaci, la scomposizione nel linguaggio per rifondarlo sei un genio “È inutile immaginare la fine quando non si può viverla”

  2. Pura Poesia ossianica.
    Ci ricorda che siamo tutti “Expectantes diem qui nescit occasum” così come è scolpito nella roccia di un Eremo sui Colli Euganei vicino a casa mia

  3. Ho trovato nelle Etymologiae di Isidoro di Siviglia (IX sec.) questa etimologia di “ca da ver” con la quale voglio intrattenere Te e Tuoi esegeti:
    “Caro Data Vermibus” i.e “Carne Data Ai Vermi”. Niente di schifoso, ma tutti sappiamo che quando “spezziamo” un lombrico ebbene lui rinasce doppio!.

  4. Guidare in tratte nere può essere la funzione sovversiva della letteratura, ma ciò può condannare al vortice oscuro lo scrittore che meglio riesce ad illuminare il suo lettore, come con Virgilio e Stazio nell’immaginazione dantesca.

    Gli inizi sono vivi perché ogni prologo e ogni incipit ci aprono alle miriadi di possibilità della nostra immaginazione, sono capaci di prospettarci miliardi di sentieri che si biforcano; una volta percorsi quei sentieri, se ci voltiamo, non possiamo che osservare dietro di noi una piana, solitaria, prevedibile retta. Calvino ci ha insegnato che il lettore è l’unico capace di rinnovare le proprie strade; Eco, invece, dicendo la stessa cosa, ci ha insegnato che il lettore vive solo incidentalmente la propria vita e può viverne intensamente infinite altre.

    La mia mente filologica mi spinge a porti una domanda: scrivi di solito su carta, con matita o penna e di che colore, su carta bianca o giallastra, su un blocco o un quaderno, con una olivetti, con tutto quel che ti capita…? Il processo della scrittura (come azione) è capace di rivelare più di altri aspetti l’intimità della scrittura (come risultato). Sarebbe bello se tu potessi mostrarci la foto di un tuo singolo foglio.

    • grazie davvero, tu mi illumini più di me stessa, comunque a proposito della domanda filologica: quando sono fuori casa scrivo su carta senza righe, mai le righe, avorio, giallastra, mai bianca. Penna solo di colore nero. Ma la parte fondamentale viene dopo: riporto ciò che ho scritto a mano su schermo, rielaboro tanto in questa parte perché il ritmo visivo non corrisponde più a quello della mia calligrafia, poi copio il testo su diverse impaginazioni (quella del documento standard di libreoffice, oppure su un documento di Drive, poi sul blog) controllando il cambiamento visivo o sonoro che avviene con le diverse font (Myriad Pro, Pt Sans, il font di Facebook ecc…grandezza carattere sempre 11) e in quest’ultima fase rielaboro e rielaboro finché non “torna bene” (nel senso e nella dinamica estetica/sonora) su tutti i supporti.

      • Perfezionista e appassionata, ma insieme impossibile e proprio per questo necessaria. Mi vengono in mente le riflessioni di Walter Benjamin e Ortega y Gasset sulla traduzione; entrambi ritenevano che tradurre da una lingua all’altra fosse in fondo un obiettivo sconsiderato, da folli, privo di possibilità di riuscita, eppure convenivano nel ritenere quell’attività la più necessaria per raggiungere ciò che più di intimo e comune c’è nel pensiero umano.
        Ogni scrittura ritengo sia una traduzione del pensiero, pertanto credo che non esista un originale, un archetipo immobile da cui tutto promana, ma che il continuo rumoreggiare dei nostri cervelli con ansia cerchi una forma che non potrà mai ottenere.

  5. Mi chiedo quanto tempo e quante revisioni servano per elaborare uno scritto del genere, che è il tuo, che piace e non ha un punto che stia lì per fare solo il punto. E poi se ti sporchi le mani di inchiostro o di matita o ti sporchi gli occhi direttamente sul monitor. E poi, si immagina tutto ciò che non si può vivere o non si è ancora vissuto, compresa la fine o l’inizio di quel tutto, serve a questo l’immaginazione ed è una cosa che penso, non che mi chiedo.

  6. beh sei tu che sei iscritto, non ti ho iscritto io! (e poi come forse avrai letto gli “estetismi inconcludenti”, come vuoi chiamarli te, sono proprio il mio scopo, che ti piaccia o meno)

  7. Oserei dire, con Martin Heidegger fra gli altri, che solo assumendo la fine – riconoscendola come possibilità terribilmente concreta del prossimo istante di vita – vi può essere un inizio, un nuovo inizio, nel quale si dischiude il vero valore della vita, che è qualcosa di estremamente prezioso in quanto precarissimo, continuamente soggetto alla minaccia del non-essere-più. Mi permetto di condividere con te questa questa riflessione sortami dalla lettura del tuo ottimo pezzo :)

  8. fero, fers, tuli, latum, latum, latum. In quanti modi si può declinare un triangolo se i gradi, pesanti come °, cedono il posto alle gradazioni, leggere come la roccia che diventa rossa al tramonto? Chi porterà la fine che è già in ogni inizio dentro al labirinto delle tratte nere? Di minchiate ne ho già dette abbastanza. Sinteticamente, volevo dirti che il tuo modo di rappresentare il mondo è affascinante

  9. Quando tutto è in movimento il mio sguardo e fermo sulla mia placida pace, mi passano d’avanti tutti i volti, tutte le voci e andando, andando, rido delle mie imperfezioni, legato alla radice del mio essere, agito il vento, credo nelle mie mani, nell’energia del primitivo verso ballato e cantato, che fin quando tutto è in moto, vive. Quando tutto, invece, sarà pietrificato nel fetido ristagno dell’infinito, il sempre sarà solo la certezza di un’energia indistruttibile, che mi collocherà in eterno. Mi ammalia la danza del serpente e baciando la luce con le labbra livide non mi pentirò della mia ragione se sorridendo ad un nuovo sole le mie lacrime laveranno la mia anima(magari non c’entra un cavolo, ma mi ricordava di questo mio pensiero)

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