
Sono le colline a generare fiumi, o i fiumi a generare colline?
Ricevo paleocontatti con le mani mozzate, dentro una melodia di fischi che prima dell’alba mi inquieta.
Temporeggio con gesti retorici, fuori, fuggo da una consistenza stantia che impregna la casa. Stesso odore, stessa luce, causa di un guasto temporale appeso a questo grumo di giorni dell’anno. Come se il clima fosse in grado di sorbire l’urto di una tragedia, e poi rilasciarlo, quando l’asse terrestre ritrova quella stessa pendenza. Memoria olfattiva di Maggio: è sofferenza.
Tanto non sarà più casa mia, mi rincuoro. Rancido profumo di nausea. La mia esistenza non è radicata alla mura di qualcosa che non ho e che non avrò mai. Investire è tacita illusione.
Spesso vago in vani automatismi del fare. Tesa a necessità essenziali, poco complesse. Mi inselvatichiscono: è un avvicinarsi ad una condizione più autentica, più aerea. Guardo con sospetto chiunque e qualunque cosa dalla fessura del mio occhio rettile, pronta a fuggire al primo movimento.
Il sogno: una fuga dalla nausea del sentire reale. Oppure il reale: una fuga dalla nausea sottile del sogno.
Scusate la lunga assenza.
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Bentornata!
Bentornati tuttiii :)
I fiumi generano pianure
O paure?
Anche, sì
Che piacere ri-leggerti!
Ciao 🙏💙
Bentornata Rebecca!
🖤🖌️🖤
Sono contento del tuo rientro. Troverai novità su Piazzagrandeblog: una nuova pagina dedicata alla poesia e ancora recensioni.
Ciao! Grazie davvero 🙏
dopo una lunga assenza dylan dog di tiziano sclavi
Eh già 🌿
Bentornata, è sempre un gran piacere leggerti!!!
Grazie grazie 🙏 un piacere per me
Spero che tu non sia stata assente per problemi di salute. Sono contento di poter leggere le tue cose e vedere le tue bellissime fotografie.
Nono, solo lavoro e questioni amorose :)
capito
Buongiorno, tutto è uno e interconnesso, colline, fiumi, esseri umani. Grazie!
Esattamente 🙃
A Rebecca, agli amici che la seguono, a me stesso:
A noi umani piace giocare con noi stessi e con ciò che rappresentiamo: la consapevolezza della nostra caducità; del nostro fluire ininterrotto nel tempo, tra un inizio e una fine. E a tale certezza ognuno si oppone e intraprende una sua originale, unica battaglia che, nonostante sia illusoria, concede momenti di gioia, di felicità perfino. Ma poiché dentro di noi cogliamo l’eternità insieme alla finitudine, il nostro destino varia dall’inquietudine alla malinconia; dall’euforia alla sofferenza; dalla gratificazione della ricerca alla disillusione.
Tentiamo strade nuove unicamente per sfuggire alla morte e tale impegno aumenta proporzionalmente al personale grado di egocentrismo. La “mia” bellezza, la “mia” preparazione, la “mia” capacità creativa sono armi spuntate per tentare di sconfiggere il tempo o di rimandare l’ultimo miglio.
Indomabile bisogno di fuggire
sempre!
L’assenza è perdonata perché questo piccolo poema è un gioiello, valeva la pena aspettare. E ci smuovi dentro, ci fai sentire le ferite e il sale. Non dev’essere stato facile, grazie, Rebecca.
Lucio
C’è troppo in questo testo, troppa assenza, troppo dolore, una fuga troppo unga o non bastevolmente definitiva. C’è troppa memoria, troppo pieno antico e troppo ingannevole futuro. Tu ci sei tutta come scrittrice.
In questo periodo cerco soprattutto di ritrovarmi, se mi dici che ci sono, che sono qui, allora mi sento davvero rincuorata.
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Wow! Molto bello tutto, qua!🎩
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