Finisce così, Papavero. Sempre che finisca davvero; in realtà credo sia solo una sospensione necessaria, un po’ come l’esistere qui sulla terra. Un punto di equilibrio nel disequilibrio. Ti ricorderò nella spuma che non si afferra e nel non dormire col naso attaccato al tuo, solo quando ti penserò a questo modo tornerò ad amare.
Ho un problema con la carne, forse lo sai, mi appaga solo temporaneamente e ne trovo così facilmente i difetti, e le brutture, e tutto ciò che si addice solo alle cose che devono marcire. Ecco cos’è. È il sentore della putrefazione che mi rende insopportabile il corpo umano. Lo so che siamo molto più del nostro involucro – e non parlo di anima, almeno credo – parlo di naturale tendenza verso la nostalgia, spontaneo proposito di viaggiare oltre la velocità della luce, ad esempio.
Si crede che l’amore appartenga ai primi cinque sensi. Ma io credo appartenga anche al sesto, l’immaginazione, e al settimo, l’essere coscienti. E forse appartiene davvero solo a questi ultimi. Quando si scopre il proprio amore nel mistero della coscienza e nel mistero del tempo non si riesce più ad amare nessun’altra cosa, specialmente gli esseri umani. Eppure, mi dico, potrei anche non credere nell’universo, mi è stato solo raccontato, tuttavia la sua idea incarna perfettamente la mia più cara intuizione, quella che ho del vuoto ai confini di questo corpo. Ma il “vuoto” è solo una parola scadente per suggerirmi una direzione. Il vuoto non si può spiegare con una testa piena, il vuoto rimane tale, sempre, anche quando sarò morta; mi chiedo spesso, forse non si riempirà mai di me? Non lo so, probabilmente ricomincerò una nuova esistenza fisica dentro al mio corpo, o a quello di un altro, in un circolo infinito, finché la terra vivrà abbastanza per trattenermi alla sua gravità.
Davvero è questa la verità? Chiudere gli occhi freddi e tornare qui, nel presente. Adesso che scrivo. Adesso che leggo. Ricomparire qui, per sempre, col dubbio palpitante che il passato, o il futuro, non sia mai stato reale.
L’ha ribloggato su Alessandria today.
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Un bel posto.
quando accadono cose come quella di ieri di un padre che stermina la famiglia, di cui due bambine, mi torna la voglia di smettere di chiedermi cosa sia o a cosa appartenga l’amore e passo direttamente alla gioia di vivere dando gioia. Fino a quando Natura non mi ricorderà che è arrivata la mia ultima ora.
Immagine supenda. “Ma io credo appartenga anche al sesto, l’immaginazione, e al settimo, l’essere coscienti.”- così scrivi…. o l’essere incoscienti?:-)
L’essere coscienti nell’appartenenza alla coscienza del nulla.
Si potrebbe semplicemente vivere nel qui e adesso
Senzs passato e senza futuro
Certo dove è esattamente questo qui e adesso?
Se lo dico è già passato se lo penso deve arrivare
Eppure un intervallo in cui si può essere noi stessi godendo ciò che siamo foss anche il nulla esiste …
Non è semplice riflettere su passato, presente e futuro. Sono spazi temporali che come diceva Einstein esistono contemporaneamente. Difficile quindi dare risposte che dicano una verità. Io penso comunque che vivere nel presente sia sempre meglio che rimanere legati al passato aspettando il futuro di cui tutto s’ignora. Ciao Rebecca. Un abbraccio pomeridiano. Isabella
Credo che il passato sia il nostro essere oggi ,non si può escludere perché dal passato possiamo modificare il nostro presente, modo di agire e pensare, il tutto fa di noi una storia da raccontare e non da dimenticare. Un abbraccio Rebecca complimenti.