L’invisibilità degli eremi

rebecca lena controra

Paese di massi, il mio. Giganti di pietra serena col viso liquefatto, come se il tempo atmosferico avesse voluto scavare loro emozioni, che non hanno, per ricambiare piacevoli sguardi al pellegrino.

Sono palmi di crosta emersi dal suono, e dal suolo, boschivo; un tempo hanno compreso di essere eremi, oggi lo sono ancora, ma per se stessi soltanto. Enormi, così smisurati da credersi gli organi sparsi di un dio esploso. (Chissà dove e cosa è adesso questo dio terreno.)

Elevazione: è vivere dentro una pietra profonda nel magma. L’assenza di rumore è melodia di spasmi. Nessuno può ascoltare l’essenza del niente che sei diventato, solo tu, dentro a quel nucleo. Potenzialmente qualsiasi bestia, qualsiasi abilità, ma in superficie nulla, concretamente invisibile.

L’invisibilità, scintilla stessa della vita organica. Essere invisibili non significa essere inconsistenti ma solo minuti, infinitesimi. Come l’infinitesimo che porta struttura nell’universo, densa e non distante.

L’eremita dorme dentro la collina, è l’essere più utile e inutile del mondo, il suo sonno è pulsazione tellurica, il suo cuore è l’epicentro di una solitudine divina che non si attenua mai.

lena rebecca controra

[Dedicato a Santa Brigida, luogo di massi romiti e pellegrini.]


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70 risposte a “L’invisibilità degli eremi

    • :)
      Non sono sempre convinta dell’accostamento visivo, però queste fotografie sono pensate non tanto come illustrazioni, quanto estensioni stesse delle parole, o possibili soluzioni alle riflessioni proposte.
      (O almeno questo è lo scopo, non sempre raggiunto.)

  1. Bellezza è una parola ampia, essa copre tanto la definizione della materia corporea quanto l’espressione dei significati; cosicché alla bellezza deve accostarsi un ulteriore aggettivo perché tanto la definizione quanto il significato vengano incorporati in tutt’uno nella scelta di un accurato gioco di luci ed ombre della parola utilizzata. Credo, dunque, l’espressione significante migliore sia: “intensamente profonda”. Buona domenica

    • Grazie di cuore!
      A volte credo molto di più nella bruttezza, l’orrido. Però inevitabilmente la mia necessità di equilibrio mi costringe a scegliere lo scatto più armonioso, per questo in fin dei conti, preferisco nettamente la scrittura alla fotografia, perché la vista non è preponderante.

  2. Bellissimo nella sua tensione e intensità. Una molla che si carica, un orologio segreto che segna un tempo per chi ascolta, è attento, preso. Mi piace molto la tua profondità.

  3. Non so quale associazione di idea ci si dietro (o sotto) la mia mente, ma ho associato le tue a “Il pendolo di Foucault” di Eco.
    Forse anche quegli specchietti circolari mi hanno ricordato la copertina dell’edizione che ho? Mah… misteri del conscio, o del subconscio! :)

    • Wow! lo iniziai come audiolibro quando mi facevo due ore di guida al giorno, poi non so che è successo e l’ho interrotto (forse non avevo pagato l’abbonamento di Audible?)
      La sua copertina però non l’ho mai vista :O

  4. Ti leggo, e penso. E sento.
    Esiste una sensualità della Parola, nella Parola.
    Ogni atto mosso da passione è, per sua natura, “erotico” nel senso etimologico del termine.
    Di più, e prima: l’erotismo è il modo in cui il bambino si relaziona al mondo; il modo in cui l’essere umano considerato nella sua condizione più pura e primigenia aderisce al (e interagisce col) mondo.
    La dimensione erotica è in ogni esperienza vissuta densamente, ed ha il potere di trasformare le idee in “cose”. Del pari, una scrittura che sia essenzialmente erotica, immediatamente dona forma e consistenza tellurica alla frale e aerea essenza dei pensieri.
    “L’assenza di rumore è melodia di spasmi, quelli del cosmo che sbadiglia senza fine”: qui, basterebbe da solo il suono della “s” a restituire una vita ai solchi lasciati dal Segno. Ma c’è persino di più, per mia fortuna: un microcosmo di immagini e suoni nel quale sprofondarsi, e godere :-)

    • Saggio e apprezzatissimo intervento. La sensualità della parola e in generale la dimensione erotica dell’esperienza, forse l’avevo percepita lontanamente, ma adesso ne prendo coscienza in modo profondo, e solo grazie alle tue parole.
      Grazie!

  5. Brava, brava, brava. Ogni volta mi porti altrove. Sono ammirata dal tuo utilizzo di parole ed immagini. Come se tu dessi vita nuova a ciò che è sempre stato sotto gli occhi, ma non visto.

  6. Ciao
    Mi inchino davanti a te che mi parli e mi fai sognare.
    Prima volta che ti leggo e rimango affascinata dalle immensi parole, quasi sedotta mi perdo nella bellezza di colei che hai scelto per immortalare questo bel momento.
    Grazie mille! Ho veramente molto ancora da imparare per poter scrivere con incantevole spirito.
    Proposito…Seguirti

  7. Pingback: EREMITA | Ricercatore del Vero·

  8. Ciao, Rebecca. Se vuoi leggere un mio libro, te ne invio volentieri uno in omaggio. Intanto, se raddoppio le vendite il numero di copie non cambia (Eheheheh!). Fammi avere pure un indirizzo di posta ordinaria.

  9. La vita ci segue attraverso ogni cosa, dare vita dare voce ai nostri sguardi implica immergersi in ciò che vediamo, ne torneremo cambiati, trasmutiamo mentre l’intorno a noi si muove di conseguenza.
    Hai una sensibilità immaginaria sensoriale visionaria, da cui trarre beneficio e pace interiore, grazie.

  10. Interessante! Rileggerò sicuramente più volte. Conosco il luogo cui è ispirato e dedicato il brano (vivo in provincia di Bergamo, un caro amico vive lì – gli farò leggere il brano), il che mi spinge a lasciarti un commento.
    Alla prima lettura, questa è l’immagine che più mi ha colpito del brano (nel suo solo apparente paradosso): “Elevazione: è vivere dentro una pietra che sprofonda mite nel magma. L’assenza di rumore è melodia di spasmi, quelli del cosmo che sbadiglia senza fine.” Bellissima (e mi fa tornare, per raffronto, anche al tuo post “tempesta sotto il mare”). mi ha ricordato quei versi di Dante (Inferno XIV, 30 e Paradiso III, 123), evocati e immortalati da Calvino nelle sue “Lezioni americane”: “come di neve in alpe senza vento” (possiamo pensare ai Piani dell’Avaro) e “come per acqua cupa cosa grave”. Entrambe le metafore descrivono la lentezza di un movimento verso il basso attraverso due mezzi differenti: aria – immobile, acqua – stagnante. Tu hai usato il magma e hai creato il paradosso: “Elevazione”. Nella tua poetica, che si nutre dell’osservazione direi quasi “scientifica” del mondo che ci circonda (o che così percepiamo), ritrovo qualcosa di quella di Calvino. Le leggi della fisica ritmano i tuoi scritti, come i suoi, perché poesia e scrittura non possono prescinderne. Come la fotografia dell’ottica. La lezione di Calvino in cui sono citati i versi di Dante si intitola “Leggerezza”. Il paradosso, che ritorna. Lo cito: “A questo punto dobbiamo ricordarci che l’idea del mondo come costituito d’atomi senza peso ci colpisce perché abbiamo esperienza del peso delle cose; così come non potremmo ammirare la leggerezza del linguaggio se non sapessimo ammirare anche il linguaggio dotato di peso”.
    Ecco. Perdona la lungaggine del commento. E’ tutta colpa dei sassi eremiti!
    Una buona giornata.
    P.

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