La tempesta sotto il mare

rebecca lena photography-2

Non vivere di emozioni, ma vivi di intuizioni. 

Ogni cosa, ogni cima di abete incorniciata da una finestra emette un grido atono, una movenza lieve che scuote qualcosa. Pare così, ma non è – dice – è molto di più – la differenza di potenziale che muove le cose. Forse un giorno…aggiungo io. Ma quando, e dove.
La guaina del tempo racchiude lo spazio in una sacca amniotica, e il suo mistero giace proprio nel volume: poco più grande dell’organismo che intuisce di essere sospeso, anche se appare circoscritto all’orizzonte.

A che serve esistere se non a struggersi beatamente nella consapevolezza di non poter sapere, nell’attesa ascetica di un privilegio che innalzi: catturare tutto il tempo e genufletterlo al proprio sguardo, anche se grida e tenta di fuggire. Perché non ora? Perché non posso flettere, bucare la pellicola e cogliere un altro presente (che non è il mio, il passato)?

Molti si compiacciono, stordendosi, nel piacere di costruire edifici confortevoli, mura di certezze, solide nicchie di adorazione pagana del futuro per custodire i simulacri degli dei a cui vorrebbero somigliare; ma c’è anche chi rosola nell’enigma lieto, per fortuna, gli onanisti del dettaglio che sfugge ai più, le vittime sacrificali di se stessi che scoprono tutto il corso della vita dentro una crepa, e in suo nome si puniscono col disadattamento e la ricerca perpetua di ulteriore incomprensibile mistero. Esseri contro natura forse, ma che soccombono al difetto stesso della natura di sentire ciò che non è possibile vedere, o comprendere.

Non siamo emergenti, piuttosto ci inabissiamo, in cerca di una tempesta silenziosa, sotto il mare.



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50 risposte a “La tempesta sotto il mare

  1. Tutto bello, il testo, la fotografia e (anche se si vede pochissimo) la fotografa/modella di se stessa. Per chi mi legge, vi consiglio di andare a vedere il sito portfolio delle foto di Rebecca.

  2. La vita, bisogna lasciarla andare, ogni tanto, senza troppo controllo. Certezze non ce ne sono. Chi impara a stare in equilibrio sulle incertezze della vita, chi ci danza sopra, ha l’aria più viva. E secondo me è più vivo.

  3. Non siamo emergenti, piuttosto ci inabissiamo, in cerca di una tempesta silenziosa, sotto il mare.

    Trovo sempre una dolcezza amara nelle tue parole. E ne resto estasiato. 😊

  4. Quando da ragazzino cominciai a leggere iniziai a soffermarmi sulle ombre negli angoli dei muri, sui riflessi della luce attraverso bicchieri pieni o vuoti, sulle maglie sgualcite dell’umanità che mi stava attorno.

  5. Non è “contro Natura”
    l’Anima, scalpitante,
    che accetta d’abbandonarsi,
    completamente,
    all’emozionate avventura …

    Lo è, invece, probabilmente,
    quella che si chiude in se stessa …
    per paura …

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  7. A volte il “non sapere” è, per l’animo umano, fonte inesauribile di sensazioni che si susseguono, si accavallano, ricche, deflagranti. Qualcosa che il “sapere” (nella sua naturale crudezza), non sarà mai…

  8. Interessantissimo, illuminante scritto.
    Mi ha colpito. Mi sono rivisto – anche in qualità di “scrittore” – in quel tarlo che s’inabissa, crogiolandosi nel proprio foro, la propria crepa, nel proprio cri-cri.
    Mi affascina la poetica con la quale sovverti. Ponendo sopra tutto la “purezza” – direi quasi – di quel “potenziale”. Energia pura, intonsa. Leggera e impalpabile come un’onda elettromagnetica (stupenda l’immagine della cima degli abeti come “radio-emittenti”) Inaccessibile? Forse. E forse no.
    Tu ci dimostri il contrario.
    Più che mi “piace”, dovrei dire mi “affascina” la tua poetica, Rebecca.
    Perché diversa, altro da me, quindi originale e sovvertitrice, quel che (mi) basta per viaggiare e capovolgere i miei quotidiani orizzonti. Accedere ad altro. In un certo senso, rinascere.
    Complimenti e grazie.
    P.

    PS. Non commento le fotografie – che ammiro – per le quali forse non possiedo o non trovo un linguaggio.

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