L’intersezione di +

D’ora in poi userò il segno + come marcatore spaziotemporale.

+ non parla di addizioni, ma di intersezioni.

+ è il sogno, fra i più antichi. È incontro fra orizzonte e vertigine, fra il tellurico e la trascendenza.

L’interazione dei due piani genera un nodo di consapevolezza.

“Io esisto!” grida quel punto centrale di +. Non a caso l’uomo vi combacia, con la sua testa, da quando ha deciso di assumere una posizione eretta per corrispondere la sua verticalità. Egli non striscia più, scivola sul piano orizzontale, rimanendo perpendicolare. Egli vive, dunque, intersecando. 

C’era un tempo in cui gli etruschi piantavano armi nella pietra per fissare un momento del tempo, come indicatori temporali.

Dunque + è anche una spada conficcata in una roccia.

E se inseriamo + in ロ otteniamo un incastro decisivo: il tempo si veste di antico nell’ideogramma 古 (Gǔ).

C’è anche un momento in cui il segmento verticale di + tenta di prevalere su quello orizzontale. È il momento storico in cui, per qualche motivo, ✝ si sostituisce a +. Come a dire che il cielo vale più della terra, o che l’irraggiungibile sia più attraente del raggiungibile, polarizzando l’astrazione nell’utopia del bene. Per fortuna è solo un momento transitorio e + torna ad essere presto un equilibrio fra gravità opposte.

+ è penetrazione. 

+ è sotto il mio ombelico.

Ma quando + è portato a ruotare su se stesso, per piacere, diviene momentaneamente ×, che non sbarra affatto il passaggio, piuttosto lo apre, indicando un punto in cui scavare. 

× è  il momento in cui il mio baricentro è raggiunto da una direzionalità opposta. Un’intersezione tanto profonda da innescare un meccanismo di rotazione perpetua. Come quando 〇 si insinua all’interno di ロ, circoscrivendosi e, alla stregua degli antichi, conficca per sempre una lama nel suo magma.

+ è anche una ferita, una segnatura magica sul petto quando, ad un certo punto, devo allontanarmi da 〇. Con quel segno però mi aggancio, seppur per una breve eternità, a due occhi bagnati, sospesi nella nebbia.

+ è lì, ma dove. 

Considera che il punto centrale di + è pura idea, non è realmente una coordinata nel reticolo del mondo, poiché tutto il corpo umano incarna, in qualche modo, quell’intersezione, tutta la carne, e non solo la testa, afferma “io esisto”. L’uomo infatti indossa dimensioni orizzorticali, contemporaneamente. Ovunque o nell’altrunque. Nella caosalità del tempo.

Inevitabile la domanda: io esisto, ma qui? Dove, quando? Attrarcome?

Ma a questo, + non potrà mai rispondere. Perché +, da solo, è solo adesso.


Invece +, abbinato a 〇 e ロ, è nitrodisorgere: simile ad un diaspitare in mezzo ad un esittio. Proprio in questa intersezione enulata, da molti definita sinosperio, si genera il caosessuale della estioneve.

+ è dunque sternoflesso, un sigillo con cui sacralmente com-bacio 〇 e fermo il tempo in ロ.


11 risposte a “L’intersezione di +

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  2. Articolo meraviglioso. Leggere questo tuo scritto è come assistere alla nascita di un alfabeto nuovo: il segno “+” diventa carne, spada, ferita, incontro.
    La tua riflessione non è più linguistica, ma cosmologica: porti il lettore dentro un luogo in cui l’uomo si misura con la terra e con il cielo, con la verticalità del corpo e l’orizzontalità del mondo.

    Ho trovato straordinario come il “+” si trasformi continuamente: idea e materia, ombelico e croce, equilibrio e ferita.
    E alla fine resta la sua essenza: essere “adesso”, essere intersezione pura, essere grido di esistenza.

    Un testo che non descrive un simbolo, ma lo reinventa, e che lascia la sensazione di aver assistito a un rito.
    Complimenti

  3. Interessante. Sul finale ammetto di essermi perso, ma forse era proprio questo il tuo intento: far “perdere” le coordinate a chi legge. Mi piace chi sa andare oltre …
    Ciao e buona continuazione di riflessione.
    Daniele

  4. Forse + è anche un respiro trattenuto,
    una pausa tra due verbi che non sanno se esistere o amarsi.

    Mi piace pensare che non indichi solo un punto,
    ma un incrocio di destini, un “qui e adesso” che si finge eterno.

    non somma, unisce.
    Non separa, taglia in diagonale la realtà,
    come un raggio di sole che attraversa la polvere.

    A volte lo vedo nei miei occhi quando smetto di capire,
    altre sotto la pelle,
    dove la croce non è più un simbolo ma una direzione.

    E forse è lì che tutto ricomincia,
    nel centro invisibile di quel segno che non si lascia possedere.

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