Il contenuto di ロ

D’ora in poi userò questo simbolo: ロ.

ロ è una parola mancante, ma non perduta o indecifrabile. Semplicemente: assente. 

ロ è una scatola chiusa, delimita uno spazio solo in apparenza definito, esattamente come fanno le lettere, nelle parole scritte; oppure i suoni, in quelle pronunciate ad alta voce.

Non esiste ancora? ロ esiste, eccome, ma non è possibile quantificare la sua materia grammaticale o la sua estensione nel tempo. Quando leggi silenziosamente ロ devi darle circa due secondi di spazio-tempo prima di pronunciare le parole successive: ロ è un indugio.

Sappi però che questa regola formale è relativa solamente a questo luogo, a questo momento. Fuori dai limiti della mera lettura, quando penserai liberamente a ロ, potrai immaginare una massa potenzialmente dilatabile, da minuscola punteggiatura onomatopeica, a parole, frasi, saggi, biblioteche. E là potrai indugiare anche anni interi.

ロ nasconde consciamente. Essendo una scatola chiusa, non ha buchi per respirare né mostra fessure da cui sbirciare. Non saprai mai se un gatto che si trova al suo interno è vivo o morto, è infatti entrambe le cose – contemporaneamente – perché ロ non si può aprire. È un sigillo e il tempo non lo evolve, la lingua non lo leviga, è uroboro di spigoli. 

ロ è al tempo stesso una finestra aperta. Ma, una volta affacciati, il paesaggio si rivela di pura schiuma.

ロ contiene tutto il Libro dell’inquietudine così come nessun libro. ロ potrebbe essere un “librido”, elastico, con emozioni elicoidali.

Dimenticavo, ロ è una scatola sì, ma il suo contenuto non ha niente a che vedere col perimetro del contenitore. Secondo la filosofia di Pessoa tutto ciò che ha forma ha anima, ma secondo la quantistica di ロ, tutto ciò che è già anima, perché contenuto, deve necessariamente sostare dentro una forma, ad un certo punto.

ロ è dunque una cella, ma in fondo cosa nel mondo non lo è.

ロ è, ovviamente, anche un segreto. Un’area rituale che macchia i polpastrelli come il mallo, colto a piedi nudi fra i rami del noce e spremuto il 24 di Giugno; o come il veleno nascosto negli angoli della Poetica perduta di Aristotele. Prima o poi, voltando le pagine, si porta alla lingua e si muore.

ロ pare che si ripeta, continuamente, ma non crea fastidio la sua ripetizione, non è elenco ma anafora del non accadere.

ロ è, infine, anche un buco. Ha una gravità irresistibile, come una botola ipnagogica da cui, talvolta, si sfugge o da cui lentamente si viene aspirati, quando il sogno comincia a masticare i pensieri.

15 risposte a “Il contenuto di ロ

  1. Quanto racchiude questo □: lorem ipsum, Shrodinger, il quadrato che racchiude il cerchio e il triangolo, il primo linguaggio idrografico. Forse stai creando una nuova forma di espressione, un ritorno alle prime forme di espressione dell’essere umano

    • Questo simbolo viene usato ne “Il secondo libro dell’inquietudine” di Bernardo Soares (Pessoa), l’ho comprato l’altro giorno a Lisbona, alla sua casa museo. Gli autori che hanno ricostruito e catalogato questa seconda raccolta di frammenti indicano con ロ le parole che non sono riusciti a decifrare, o che erano sbiadite, o che semplicemente non c’erano mai state.

      Quasi subito ho sentito un’ attrazione ancestrale per quelle non-parole.

      • Sono i pensieri nella forma pura. Nella Preistoria l’uomo ritraeva gli animali in forma naturalistica mentre raffigurava se stesso in forma geometrica per distinguersi dall’animale. L’astrazione geometrica è il più alto segno dell’evoluzione del pensiero umano, la prima presa di coscienza di sé stesso senza il ricorso alla parola scritta

  2. “A vida è como uma sombra que passa ppor sobre un rio,

    ou como un passo na alfombra de um quarto que jaz vazio.”

    Ecco, quel simbolo è anche il quarto que jaz vazio, c’è dentro il tappeto e c’è anche la nostra vita. Grazie per ciò che scrivi, e grazie di averci ricordato l’importanza vitale dell’indugio.

  3. Scusami, sono proprio maldestro, non so come sia accaduto che il commento si sia moltiplicato. Ho un pessimo rapporto con la tecnologia, sono mortificato, scusami

  4. possibile che tutte le lettere e parole che hanno descritto la lettera siano in realtà quell’unica lettera che ci autodefinisce nel tentativo rimanendo pura

  5. Il quadrato viene più facile farlo digitandolo che non farlo a mano come disciplina detta anche semeiotica mette in rilievo lo studio dei segni che orientano verso la diagnosi

  6. Pingback: La (circo)inscrivibilità di 〇 | Racconti della Controra·

Scrivi una risposta a lasentinellainpoltrona Cancella risposta